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Allegato
(articolo 1)

TITOLO I
LA LEGGE PENALE

        Art. 1. (Legalità del reato e delle pene). - 1. Nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto espressamente come reato, in modo chiaro e determinato, da una legge dello Stato, che per esso stabilisca la pena edittale dell'ergastolo oppure della reclusione entro limiti minimi e massimi adeguati alla gravità del fatto.
        2. Le pene e le altre conseguenze giuridiche del reato sono previste espressamente dalla legge dello Stato.
        3. La legge determina i casi di conversione della reclusione in altra pena principale per il reato, anche non detentiva, e stabilisce i criteri di ragguaglio.

        Art. 2. (Irretroattività della legge penale). - 1. Nessuno può essere punito un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non era previsto come reato.
        2. Nessuno può essere sottoposto a pene o ad altre conseguenze sfavorevoli del reato non previste da una legge in vigore al momento in cui il fatto fu commesso.

        Art. 3. (Successione di leggi penali). - 1. Nessuno può essere punito per un fatto che non è più previsto come reato dalla legge e, se vi è stata condanna irrevocabile, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.
        2. Le disposizioni in tema di irretroattività della legge penale e di successione di leggi penali si applicano anche nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale.
        3. Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e la legge o le leggi successive sono diverse, si applica quella che, valutata complessivamente in relazione al caso concreto, è più favorevole al reo salvo che sia intervenuta sentenza irrevocabile. In tale caso, la pena in esecuzione non può superare il massimo della pena stabilita dalla legge più favorevole.
        4. Nel caso di mancata conversione di un decreto-legge le sue disposizioni più favorevoli si applicano ai fatti commessi durante la sua provvisoria forza di legge.
        5. Nel caso di conversione di un decreto-legge con emendamenti si applicano le disposizioni del comma 4 limitatamente alle norme emendate.
        6. Agli effetti della irretroattività e della successione di leggi penali il reato si considera commesso nel momento in cui è tenuta la condotta che lo costituisce.
        7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di successione di altre norme giuridiche richiamate dalla legge penale.

 

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        Art. 4. (Applicabilità nello spazio della legge penale). - 1. La norma penale italiana si applica a chiunque commette anche solo una parte di un reato nel territorio dello Stato.
        2. La norma penale italiana si applica altresì a chiunque commette al di fuori del territorio italiano uno dei seguenti reati:

            a) genocidio;

            b) tratta e commercio di schiavi;

            c) attentato alla vita o all'incolumità del Capo dello Stato o di pubblici funzionari italiani;

            d) reati contro la personalità dello Stato e dell'Unione europea;

            e) reati di contraffazione del sigillo dello Stato o dell'Unione europea e di uso di tale sigillo contraffatto;

            f) reati di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;

            g) reati commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri da funzionari e agenti della pubblica amministrazione italiana, dell'Unione europea o da soggetti loro equiparati, ovvero delitti commessi contro gli stessi soggetti, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o dei loro servizi;

            h) abuso di informazioni privilegiate e aggiotaggio attinenti a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani;

            i) omicidio doloso, tortura, lesioni gravissime dolose, sequestro di persona a scopo di estorsione e violenza sessuale in danno di un cittadino italiano;

            l) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni dell'Unione europea o di diritto internazionale stabiliscono l'applicabilità della legge italiana.

        3. La norma penale italiana si applica altresì a chiunque abbia commesso anche al di fuori del territorio italiano uno dei seguenti reati, a condizione che il soggetto attivo si trovi sul territorio italiano:

            a) produzione o traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope;

            b) reclutamento, istruzione, utilizzazione e finanziamento di mercenari;

            c) reclutamento di persone, al fine di fare esercitare la prostituzione, prostituzione minorile o pornografia minorile, ove il fatto sia commesso in danno di minore degli anni quattordici o con violenza o minaccia;

            d) ogni altro reato commesso all'estero contro lo Stato o un cittadino italiano, se vi sia la richiesta del Ministro della giustizia oppure l'istanza o la querela della persona offesa.

 

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        4. In tutti i casi previsti dal presente articolo sono fatte salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno, dal diritto dell'Unione europea e dal diritto internazionale.

        Art. 5. (Rapporti con l'applicazione di leggi penali straniere). - 1. Per i reati commessi all'estero la legge penale italiana non si applica se il colpevole è già stato condannato in altro Stato membro dell'Unione europea e la relativa pena è stata eseguita.
        2. Oltre ai casi di riconoscimento della sentenza penale straniera, nella sentenza di condanna italiana per reati commessi all'estero si deve tenere conto, in ogni caso, della pena già scontata dal soggetto per gli stessi fatti.
        3. Al di fuori di espressa disposizione anche di fonte internazionale, alle sentenze penali straniere di condanna o di proscioglimento il giudice può dare riconoscimento:

            a) per stabilire la recidiva;

            b) per irrogare una pena accessoria prevista dalla legge italiana o per determinare altri effetti penali o amministrativi;

            c) per applicare, secondo la legge italiana, misure di controllo, cura e sostegno;

            d) per stabilire la continuazione dei reati;

            e) per far valere la condanna agli effetti civili.

        4. L'estradizione del cittadino o dello straniero è concessa quando il fatto sia previsto come reato in entrambi gli ordinamenti, salvo gli obblighi derivanti da norme dell'Unione europea o di diritto internazionale.

        Art. 6. (Principio di tassatività). - 1. Le norme che prevedono o escludono che un fatto costituisca reato si applicano soltanto ai casi da esse previsti.

        Art. 7. (Offensività del reato). - 1. La norma che prevede un fatto come reato si applica ai soli casi in cui si è verificato un danno o un pericolo per l'interesse da essa specificamente protetto.

        Art. 8. (Materia regolata da più norme penali). - 1. Quando più norme penali appaiono applicabili al medesimo fatto, la norma speciale prevale su quella generale, salvo che sia diversamente stabilito.
        2. Quando più norme prevedono come reato fatti diversi che costituiscono insieme un reato complesso, si applica soltanto la norma che prevede il reato complesso, salvi i casi in cui la legge stabilisca diversamente.
        3. In ogni caso nessuno può essere punito più di una volta per il medesimo fatto.

 

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        Art. 9. (Preminenza del codice penale). - 1. Le disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate da altre leggi penali, salvo che queste non prevedano espressamente una disciplina diversa.
        2. Quando lo stesso fatto è preveduto come reato da norme di questo codice e da leggi speciali preesistenti prevalgono le prime salvo che le altre siano riaffermate come vigenti da leggi da emanare prima della data di entrata in vigore del codice.

        Art. 10. (Computo e decorrenza dei termini). - 1. Quando la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il decorso del tempo si computa secondo il calendario comune e il giorno della decorrenza non è calcolato nel termine.

TITOLO II
IL REATO

        Art. 11. (Condotta, evento, rapporto di causalità). - 1. Nessuno può essere punito per un reato se non ha compiuto l'azione o l'omissione che lo costituisce.
        2. Nessuno può essere punito per un reato se la sua condotta non è stata condizione necessaria dell'evento dannoso o pericoloso che lo costituisce.
        3. Non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo mediante azione.
        4. L'obbligo giuridico di impedire è stabilito da una espressa disposizione di legge. Nei limiti da essa indicati, l'obbligo è specificato da regolamenti, provvedimenti giurisdizionali, ordini, contratti o altre discipline.
        5. Non risponde per omesso impedimento chi è privo dei poteri giuridici di impedire l'evento che costituisce il reato commissivo.
        6. Salva diversa disposizione, quando la legge collega alla qualifica del soggetto attivo la titolarità di particolari doveri o poteri giuridici, essa indica la persona cui essi sono attribuiti al momento del fatto, anche se sprovvista di regolare investitura.
        7. Nessuno può essere punito quando l'evento si sarebbe verificato anche se l'obbligo giuridico di impedimento fosse stato osservato.
        8. Nessuno può essere punito quando l'evento è conseguenza di un fattore eccezionale senza il quale la condotta non lo avrebbe causato, salvo che gli atti compiuti costituiscano di per sé un reato diverso. Agli effetti della legge penale non si considera eccezionale il fattore del quale l'agente è a conoscenza.

        Art. 12. (Obblighi di impedimento e di intervento nelle organizzazioni complesse). - 1. L'amministratore, il dirigente o il preposto all'attività di un'organizzazione complessa assume l'obbligo giuridico di impedire l'offesa dei beni tutelati penalmente, messi a rischio dall'attività dell'organizzazione o di uno dei suoi appartenenti, nei soli

 

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limiti delle funzioni specificamente esercitate al momento del fatto. L'obbligo giuridico di impedimento opera verso gli specifici soggetti e gli specifici interessi rispetto ai quali sia stato assunto.
        2. La legge stabilisce i casi in cui il soggetto risponde non quale titolare dell'obbligo giuridico di impedimento, ma per non aver sorvegliato o non essere intervenuto per evitare reati che altri stavano commettendo.
        3. Il trasferimento di funzioni che determina la responsabilità penale del delegato esclude la responsabilità penale del trasferente solo se è effettivo e lecito. La liceità non è esclusa dalle ridotte dimensioni dell'ente al quale si riferiscono le funzioni trasferite. La punibilità del trasferente è esclusa nei limiti e per la durata del trasferimento.
        4. Salva diversa disposizione di legge, il trasferente risponde per l'organizzazione difettosa delle funzioni trasferite, sui presupposti e nei limiti stabiliti da questo codice.
        5. Nei gruppi di società o imprese le disposizioni del presente articolo si applicano anche a chi ne esercita la direzione unitaria, per ciò che specificamente la riguarda.

        Art. 13. (Protezione e custodia di minori o incapaci). - 1. Il genitore esercente la potestà è tenuto a impedire le offese alla vita, all'integrità fisica, alla libertà personale e sessuale del figlio minore o incapace.
        2. Chiunque abbia, anche temporaneamente, assunto la custodia di un minore, o di altra persona incapace di provvedere a se stessa, è tenuto a impedire le offese previste dal comma 1 nei confronti della persona in custodia, o che la medesima possa cagionare ad altri.

        Art. 14. (Controllo su fonti di pericolo). - 1. Chiunque abbia assunto funzioni di sorveglianza o protezione di una persona, in rapporto ad attività pericolose, è tenuto a impedire le offese alla vita e all' incolumità fisica della persona protetta, o che la medesima possa cagionare ad altri.
        2. Chiunque abbia, a qualsiasi titolo, il controllo di animali pericolosi o di altre fonti di pericolo è tenuto a impedire le offese che possano derivarne alla vita, o all'incolumità individuale o pubblica.

        Art. 15. (Omesso impedimento di reati da parte delle Forze di polizia). - 1. Gli appartenenti alle Forze di polizia sono tenuti a impedire le offese alla vita, alla salute, all'integrità fisica e alla libertà personale e sessuale, sempre che l'emergenza pericolosa sia attuale e strettamente connessa alla specifica attività esercitata ed essi siano muniti dei poteri impeditivi.

        Art. 16. (Omesso impedimento di reati commessi con il mezzo della stampa o di altri mezzi di comunicazione). - 1. Fuori dei casi di concorso nel reato, chi è tenuto al controllo della pubblicazione o della trasmissione in base alla legge o alle disposizioni organizzative dell'impresa, risponde, per colpa, del reato commesso dall'autore. In

 

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tale caso, la pena applicabile è la metà di quella prevista per il reato commesso dall'autore.

        Art. 17. (Coscienza e volontà della condotta. Costringimento fisico o psichico). - 1. Nessuno può essere punito se la condotta che costituisce il reato non è compiuta con coscienza e volontà.
        2. La condotta si considera cosciente e volontaria quando l'agente aveva il controllo sufficiente per determinarsi a tenere una condotta diversa.
        3. Se taluno ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza o minaccia alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi, del fatto commesso risponde l'autore della violenza o minaccia.

        Art. 18. (Elemento soggettivo del reato). - 1. Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di reato colposo espressamente previsti dalla legge.

        Art. 19. (Reato doloso). - 1. Il reato è doloso quando l'agente compie la condotta attiva od omissiva con l'intenzione di realizzare l'evento dannoso o pericoloso costitutivo del reato, ovvero con la rappresentazione che, a seguito della sua condotta, la realizzazione dell'evento offensivo è certa o altamente probabile.

        Art. 20. (Reato colposo). - 1. Il reato è colposo quando l'evento dannoso o pericoloso che lo costituisce non è voluto dall'agente, ma si verifica come conseguenza concretamente prevedibile di una condotta negligente, imprudente o imperita ovvero commessa in violazione di regole cautelari stabilite da leggi, regolamenti, ordini o discipline.

        Art. 21. (Reati dolosi aggravati da una conseguenza non voluta). - 1. Quando da un fatto previsto come reato doloso deriva un'ulteriore conseguenza non voluta dall'agente cagionata per colpa, si applicano le regole del concorso di reati sempre che la conseguenza ulteriore non voluta sia prevista dalla legge come reato colposo.

        Art. 22. (Errore sulla legge penale). - 1. Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza o l'erronea interpretazione della legge penale, salvo che si tratti di ignoranza o di errore inevitabile.

        Art. 23. (Errore sul fatto di reato e sulle cause scriminanti). - 1. L'errore sul fatto costitutivo del reato o della scriminante, ovvero sugli elementi di qualificazione del fatto o della scriminante, esclude il dolo. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è previsto dalla legge come reato colposo.
        2. In caso di errore sull'elemento differenziale fra più reati, l'agente è punito per il reato meno grave.

 

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        Art. 24. (Errore determinato dall'altrui inganno). - 1. Le disposizioni dell'articolo 23 si applicano anche se l'errore è determinato dall'altrui inganno, ma in tale caso del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo.

        Art. 25. (Offesa di persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta). - 1. Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un'altra causa, ovvero per errore di persona, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere.
        2. Sono valutate a favore dell'agente le scriminanti che sarebbero state applicabili se il fatto fosse stato commesso in danno della persona che voleva offendere.
        3. Qualora oltre alla persona diversa sia offesa anche quella alla quale l'offesa era diretta, si applicano le regole sul concorso di reati. Le stesse regole si applicano quando siano offese più persone, sia o meno compresa anche quella alla quale l'offesa era diretta.

        Art. 26. (Fatto diverso da quello voluto dall'agente). - 1. Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un'altra causa, l'agente realizza un fatto di reato diverso da quello voluto, ne risponde, per colpa, se il fatto è previsto dalla legge come reato colposo.
        2. Se, oltre al reato diverso, l'agente ha realizzato anche il reato voluto, consumato o tentato, si applicano le regole sul concorso dei reati.

        Art. 27. (Tassatività ed efficacia oggettiva delle scriminanti). - 1. La scriminante è prevista come tale da una specifica disposizione di legge.
        2. La scriminante opera oggettivamente.
        3. In presenza di una scriminante, il fatto di reato si considera insussistente.

        Art. 28. (Consenso dell'avente diritto). - 1. È scriminato il fatto di chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso della persona che può validamente disporne.
        2. Salvi i limiti previsti da speciali disposizioni di legge, è valido il consenso prestato da chi ha la capacità di comprenderne il significato e di valutarne l'effetto.
        3. Il consenso prestato è revocabile fino al compimento dell'attività consentita.
        4. Salvi i limiti previsti da speciali disposizioni di legge, il fatto è scriminato anche in caso di consenso presumibile, in ragione della sua verosimile utilità obiettiva per il titolare dell'interesse, sempre che questi non abbia manifestato il suo dissenso.

        Art. 29. (Esercizio di una facoltà legittima o adempimento di un dovere). - 1. È scriminato il fatto commesso nell'esercizio di una

 

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facoltà legittima o nell'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità.
        2. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
        3. Risponde altresì del reato chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.

        Art. 30. (Difesa legittima). - 1. È scriminato il fatto commesso da chi è stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa, tenuto conto dei beni in conflitto, dei mezzi a disposizione della vittima e delle modalità concrete dell'aggressione.
        2. Non è scriminato il fatto di chi ha preordinato a scopo offensivo la situazione da cui deriva la necessità di difesa.

        Art. 31. (Uso legittimo delle armi o di altri mezzi di coazione fisica). - 1. Ferme le disposizioni degli articoli 29 e 30, è scriminato il fatto del pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorità o comunque di impedire la consumazione dei reati contro la vita, l'incolumità o la libertà.
        2. La disposizione del comma 1 si applica a chiunque, legalmente richiesto dal pubblico ufficiale, gli presta assistenza.
        3. È scriminato il fatto di chi fa uso di armi e di altri mezzi di coazione fisica perché è costretto dalla necessità di difendere l'inviolabilità del domicilio contro un'intromissione ingiusta, violenta o clandestina e tale da destare ragionevole timore per l'incolumità o la libertà delle persone presenti nel domicilio.
        4. La legge determina gli altri casi nei quali è autorizzato l'uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica.

        Art. 32. (Stato di necessità). - 1. È scriminato il fatto di chi è costretto dalla necessità di salvarsi dal pericolo attuale di un danno grave alla vita, all'integrità fisica, alla libertà individuale o alla libertà sessuale, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
        2. La disposizione del comma 1 non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
        3. La disposizione del comma 1 si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; in tale caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo.

        Art. 33. (Efficacia delle scusanti). - 1. La scusante è prevista come tale da una specifica disposizione di legge.
        2. La scusante opera soggettivamente.
        3. Il fatto scusato non costituisce reato.

 

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        Art. 34. (Buona fede). - 1. È scusato chi ha commesso il fatto di reato nella ragionevole convinzione di conformarsi a inequivoci atti della pubblica amministrazione, o al consolidato orientamento della Cassazione, rilevanti ai fini dell'applicazione della legge penale.

        Art. 35. (Attività sportiva). - 1. Fuori dei casi di liceità del rischio, è scusato chi commette il fatto di reato nell'esercizio di un'attività sportiva, nella ragionevole convinzione di adeguarsi alla regolamentazione della specifica attività.

        Art. 36. (Informazioni commerciali). - 1. Fuori dei casi di liceità dell'informazione, è scusato chi comunica notizie pregiudizievoli relative ad attività economiche nella ragionevole convinzione di adeguarsi alla regolamentazione della sua specifica attività.

        Art. 37. (Ignoranza dell'illegittimità dell'ordine della pubblica autorità). - 1. È scusato chi ottempera a un ordine sostanzialmente illegittimo e non sindacabile della pubblica autorità, sempre che la criminosità dell'ordine non sia manifesta o comunque nota all'esecutore.

        Art. 38. (Ordine del privato). - 1. È scusato chi ottempera a un ordine impartito nell'ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato, quando il soggetto abbia confidato ragionevolmente sulla sua liceità.

        Art. 39. (Stato di necessità scusante). - 1. Fuori dei casi di liceità, è scusato chi commette il fatto di reato perché costretto dalla necessità di soccorrere un congiunto o altra persona legata da speciali vincoli affettivi, per salvarli dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, sempre che il pericolo non sia stato volontariamente causato dall'agente e non sia altrimenti evitabile.

        Art. 40. (Affidamento nel consenso altrui). - 1. Salvo diverse disposizioni di legge, è scusato chi ha commesso il fatto nell'interesse proprio, ma ragionevolmente confidando che il titolare del bene disponibile avrebbe consentito.

TITOLO III
IL REATO TENTATO

        Art. 41. (Reato tentato). - 1. Chiunque compie atti diretti in modo oggettivamente univoco e idonei alla realizzazione del reato è punito, se il reato non è consumato, con la pena per esso prevista, diminuita da un terzo a due terzi.
        2. Se la pena prevista per il reato consumato è l'ergastolo, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni.

 

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        3. Per la punibilità dei reati di attentato devono sussistere gli elementi previsti dal comma 1.

        Art. 42. (Desistenza e recesso). - 1. È causa di non punibilità la desistenza volontaria dall'intrapresa realizzazione del reato.
        2. È causa di non punibilità l'impedimento volontario dell'evento costitutivo del reato.
        3. È causa di non punibilità il volontario adoperarsi con atti idonei a impedire la consumazione, anche se essa non avviene per una causa diversa.
        4. Nei casi previsti dal presente articolo, la punibilità dell'agente non è esclusa se gli atti compiuti costituiscono di per sé un reato diverso.

TITOLO IV
IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

        Art. 43. (Esecuzione e partecipazione nel reato). - 1. Concorrono nel reato coloro che contribuiscono alla sua realizzazione con atti di esecuzione o di partecipazione. Costituiscono partecipazione la promozione, l'organizzazione, la direzione e l'agevolazione del reato.
        2. Sono atti di promozione quelli che danno impulso all'ideazione o alla preparazione del reato.
        3. Sono atti di organizzazione quelli di coordinamento nella preparazione del reato.
        4. Sono atti di direzione quelli di sovrintendenza nella preparazione del reato.
        5. Sono atti di agevolazione l'aiuto o l'assistenza che hanno reso l'ideazione, la preparazione o l'esecuzione del reato più pronte o più sicure e sono prestati fornendo indicazioni, informazioni o consigli diretti in modo obiettivamente univoco alla commissione del reato oppure fornendo mezzi o strumenti o eliminando impedimenti oppure promettendo in anticipo aiuto.
        6. Sono considerati esecutori coloro i quali commettono in tutto o in parte il fatto previsto come reato. Sono altresì considerati esecutori coloro i quali nel commettere il reato si giovano dell'errore o dell'incapacità altrui, anche se da essi non cagionati, ovvero coloro che con violenza o minaccia costringono altri a commettere il reato.

        Art. 44. (Responsabilità dei concorrenti). - 1. Nessuno può essere punito per atti di partecipazione nel reato se non è stato realizzato un tentativo punibile dello stesso reato.
        2. La pena di ciascun concorrente è commisurata all'importanza del suo effettivo contributo al reato e al suo grado di colpevolezza.
        3. Le cause scriminanti operano oggettivamente a favore di tutti i concorrenti.

 

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        4. Al concorrente che non ha voluto il reato complesso realizzato da altro concorrente, si applica la pena prevista per il reato voluto che sia elemento costitutivo del reato complesso.

        Art. 45. (Circostanza attenuante. Applicazione delle circostanze). - 1. La pena prevista per il reato commesso in concorso è diminuita per gli agevolatori dalla circostanza attenuante che essi abbiano fornito un contributo di rilevanza oggettivamente modesta.
        2. Le circostanze aggravanti o attenuanti sono valutate a carico o a favore della persona alla quale si riferiscono.

        Art. 46. (Desistenza e recesso del concorrente). - 1. Le cause di non punibilità previste dall'articolo 42 si applicano al concorrente che desistendo o recedendo impedisce volontariamente la consumazione del reato o si adopera volontariamente e con atti idonei per impedirla.

        Art. 47. (Reati associativi). - 1. Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai reati associativi e agli altri reati nei quali è prevista la partecipazione necessaria di più persone.
        2. Agli effetti della legge penale sono reati associativi i reati di associazione criminale.

TITOLO V
L'IMPUTABILITÀ

        Art. 48. (Capacità di intendere e di volere). - 1. Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se nel momento della condotta costitutiva non aveva, per infermità, la capacità di intendere e di volere, sempre che il fatto sia stato condizionato dalla incapacità.
        2. Agli effetti della legge penale la capacità di intendere e di volere è intesa come possibilità di comprendere il significato del fatto e di agire in conformità a tale valutazione.
        3. Nei casi previsti dalla legge sono applicabili le misure di controllo, cura e sostegno rieducativo adeguate alle condizioni del soggetto.

        Art. 49. (Situazioni equiparate). - 1. Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se, nel momento della condotta costitutiva, la sua capacità di intendere e di volere era ridotta, per infermità, in misura pressocché totale, sempre che il fatto sia stato condizionato dalla ridotta capacità.
        2. È considerato infermità lo stato cronico irreversibile di intossicazione da alcol o da stupefacenti o sostanze psicotrope.
        3. Non è considerata infermità l'incapacità volontaria per ubriachezza, per stupefazione o per altra causa.

 

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        Art. 50. (Età minore). - 1. È sempre considerato incapace di intendere e di volere chi, nel momento di realizzazione della condotta costitutiva del reato, non aveva compiuto gli anni quattordici.
        2. Se il soggetto aveva compiuto gli anni quattordici, ma non gli anni diciotto, il giudice, per ritenerlo capace di intendere e di volere, deve accertare, con riferimento al tipo di reato commesso, il raggiungimento di un sufficiente grado di maturità fisio-psichica corrispondente all'età.

        Art. 51. (Circostanze attenuanti). - 1. La considerevole riduzione della capacità di intendere e di volere al momento della condotta costituisce circostanza attenuante e comporta una diminuzione della pena da un quarto alla metà.
        2. Fuori del caso previsto dal comma 1, costituisce circostanza attenuante l'età minore degli anni diciotto.

        Art. 52. (Stato di incapacità di intendere e di volere volontario o colposo o preordinato). - 1. Quando l'agente si pone volontariamente in stato di incapacità di intendere e di volere, rappresentandosi come conseguenza certa o altamente probabile di tale stato la realizzazione del fatto di reato, ne risponde per dolo.
        2. Quando l'agente si pone volontariamente in stato di incapacità di intendere e di volere nonostante la concreta prevedibilità, come conseguenza di tale stato, del fatto di reato, ne risponde per colpa, sempre che il fatto sia previsto dalla legge come reato colposo.
        3. Costituisce circostanza aggravante lo stato di incapacità preordinato al fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa.

TITOLO VI
LA PENA

Capo I
LA PREVISIONE DELLA PENA

Sezione I
LA DENOMINAZIONE DELLE PENE

        Art. 53. (Le pene. Distinzione di specie). - 1. Le pene stabilite per i reati si distinguono in pene principali e accessorie.
        2. Le pene principali per i reati si distinguono in detentive o restrittive della libertà personale, interdittive, prescrittive e ablative.

        Art. 54. (Denominazione delle pene principali). - 1. Sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale, la legge comprende:

            a) l'ergastolo;

            b) la reclusione;

 

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            c) la semidetenzione;

            d) la detenzione domiciliare;

            e) la permanenza domiciliare.

        2. Sotto la denominazione di pene interdittive, la legge comprende:

            a) l'interdizione o sospensione dai pubblici uffici;

            b) l'interdizione o sospensione da una professione, da un'attività di impresa o da un mestiere;

            c) l'interdizione o sospensione dall'esercizio di funzioni gestionali o di controllo di persone giuridiche, enti, associazioni o imprese;

            d) la revoca o sospensione di licenze, concessioni, autorizzazioni amministrative o altre abilitazioni;

            e) la decadenza o sospensione dalla potestà di genitore.

        3. Sotto la denominazione di pene prescrittive, la legge comprende:

            a) l'allontanamento dalla famiglia;

            b) il divieto o la limitazione di accesso o di permanenza in determinati luoghi o il divieto di avvicinare determinate persone;

            c) la sottoposizione a controllo;

            d) il lavoro di pubblica utilità;

            e) l'espulsione dello straniero con divieto di reingresso;

            f) l'affidamento al servizio sociale con prescrizioni.

        4. Sotto la denominazione di pene ablative, la legge comprende:

            a) la confisca, finalizzata alla riparazione del danno alle vittime di reati o al ripristino dello stato dei luoghi;

            b) la pena pecuniaria prevista dalla legge per i reati di competenza del giudice di pace.

        Art. 55. (Denominazione delle pene accessorie). - 1. Sotto la denominazione di pene accessorie, la legge comprende:

            a) la pubblicazione della sentenza di condanna;

            b) il divieto di emettere assegni e il divieto di utilizzare carte di credito;

            c) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

            d) il divieto di compiere determinate attività informatiche;

            e) la confisca obbligatoria.

 

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Sezione II
LE PENE PRINCIPALI DETENTIVE O RESTRITTIVE
DELLA LIBERTÀ PERSONALE

        Art. 56. (Ergastolo). - 1. La pena dell'ergastolo comporta la privazione perpetua della libertà personale.
        2. La pena dell'ergastolo è scontata in una casa di reclusione, con l'isolamento notturno e con l'obbligo di lavoro. La condanna all'ergastolo comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
        3. Nei casi previsti dalla legge, il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale.

        Art. 57. (Reclusione). - 1. La pena della reclusione comporta la privazione della libertà personale per un tempo non inferiore a cinque giorni e non superiore a venti anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo di lavoro.

        Art. 58. (Semidetenzione). - 1. La pena della semidetenzione comporta la privazione della libertà personale per almeno dieci ore al giorno negli stabilimenti a ciò destinati e situati nel comune di residenza del condannato o in un comune vicino. La determinazione delle ore e l'indicazione dell'istituto sono effettuate in relazione alle comprovate esigenze di lavoro o di studio del condannato.
        2. La semidetenzione comporta altresì:

            a) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

            b) la sospensione della patente di guida;

            c) il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente;

            d) l'obbligo di conservare e di presentare a ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato i provvedimenti relativi alle modalità di esecuzione della sanzione.

        Art. 59. (Detenzione domiciliare). - 1. La pena della detenzione domiciliare comporta la privazione della libertà personale ed è scontata nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza.
        2. Il giudice impone limiti o divieti alla facoltà del condannato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui convivono o lo assistono, anche prevedendo l'impiego di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, di cui sia accertata la disponibilità da parte delle autorità preposte alla verifica dell'osservanza delle prescrizioni imposte. Il giudice altresì determina e impartisce le disposizioni per gli interventi del servizio sociale.

        Art. 60. (Permanenza domiciliare). - 1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la propria

 

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abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e di domenica.
        2. Il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana rispetto a quelli stabiliti dal comma 1 ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente.

Sezione III
LE PENE PRINCIPALI INTERDITTIVE

        Art. 61. (Interdizione o sospensione dai pubblici uffici). - 1. La pena dell'interdizione dai pubblici uffici è perpetua e, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, comporta la privazione:

            a) del diritto di elettorato attivo e passivo in qualsiasi ufficio pubblico di tipo elettivo e di ogni altro diritto politico;

            b) di ogni pubblico ufficio e di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio e della qualità ad essi inerente di pubblico funzionario;

            c) dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;

            d) dei diritti, dignità ed altri pubblici riconoscimenti onorifici inerenti a qualsiasi ufficio, servizio o qualità pubblici;

            e) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico, salvo che essi traggano titolo da un rapporto di lavoro o si tratti di pensioni di guerra.

        2. La pena della sospensione dai pubblici uffici comporta che per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a cinque anni il condannato sia privato della capacità di assumere o esercitare i diritti di cui al comma 1, gli uffici, i servizi, le qualità, i gradi, i titoli e le onorificenze, salvo che essi traggano titolo da un rapporto di lavoro o si tratti di pensioni di guerra.
        3. La legge determina i casi nei quali l'interdizione o la sospensione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni dei diritti di cui al comma 1.

        Art. 62. (Interdizione o sospensione da una professione, da un'attività di impresa, da un mestiere). - 1. La pena dell'interdizione da una professione, da un'attività di impresa o da un mestiere comporta la decadenza dal permesso o dall'abilitazione, autorizzazione o licenza richiesta per l'esercizio di una professione, un'attività di impresa o un mestiere e priva il condannato della capacità di esercitarli, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni, salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.
        2. La pena della sospensione comporta la privazione della capacità del condannato di esercitare, per un periodo non inferiore a un mese

 

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e non superiore a due anni, una professione, un'attività di impresa, o un mestiere, per i quali è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'autorità.

        Art. 63. (Interdizione o sospensione dall'esercizio di funzioni gestionali o di controllo di persone giuridiche, enti, associazioni o imprese). - 1. La pena dell'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
        2. La pena della sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore, per un periodo che non può avere una durata inferiore a un mese e superiore a due anni.

        Art. 64. (Revoca o sospensione di licenze, concessioni, autorizzazioni amministrative o altre abilitazioni). - 1. La pena della revoca di licenze, concessioni, autorizzazioni amministrative o altre abilitazioni, diverse da quelle previste dall'interdizione da una professione, da un'attività di impresa o da un mestiere, comporta la decadenza dei relativi diritti e priva il condannato della capacità di esercitare le attività che su questi si fondano.
        2. La pena della sospensione di licenze, concessioni, autorizzazioni amministrative o altre abilitazioni diverse da quelle previste dalla sospensione da una professione, da un'attività di impresa o da un mestiere, comporta la privazione della capacità di esercitare le attività che su questi si fondano per un periodo che non può avere una durata inferiore a un mese e superiore a due anni.

        Art. 65. (Decadenza o sospensione dalla potestà di genitore). - 1. La legge determina i casi nei quali la condanna comporta la decadenza dalla potestà dei genitori, con la conseguente privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme di cui al titolo IX del libro I del codice civile.
        2. La sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori comporta l'incapacità di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del titolo IX del libro I del codice civile.
        3. Nelle ipotesi previste dai commi 1 e 2, il giudice competente assume i provvedimenti più opportuni nell'interesse dei minori.

Sezione IV
LE PENE PRINCIPALI PRESCRITTIVE

        Art. 66. (Allontanamento dalla famiglia). - 1. La pena dell'allontanamento dalla famiglia comporta che l'imputato lasci immediatamente

 

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la casa familiare, ovvero che non vi faccia rientro, e che non vi acceda senza l'autorizzazione del magistrato di sorveglianza. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.
        2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre interdire al condannato l'accesso a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
        3. Il giudice può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della pena, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.
        4. La ingiunzione che determina l'assegno, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia qualora sopravvenga l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.
        5. Il provvedimento che determina l'assegno può essere modificato dal magistrato di sorveglianza se mutano le condizioni dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.

        Art. 67. (Divieto o limitazione di accesso o di permanenza in determinati luoghi e diffida di avvicinare determinate persone). - 1. La pena del divieto di accesso in determinati luoghi o di permanenza in essi comporta la privazione della facoltà di accedere o di permanere in determinati luoghi, diversi da quelli previsti dalla pena dell'allontanamento dalla famiglia e specificati nella sentenza di condanna. Ove per motivi di lavoro sia necessario l'accesso o la permanenza in determinati luoghi, il giudice può limitarli secondo modalità che non pregiudichino l'adempimento della prestazione lavorativa.
        2. La pena della diffida di avvicinare determinate persone interdice al condannato l'accesso ai luoghi da esse abitualmente frequentati, in particolare il luogo di lavoro e il domicilio. Se la frequentazione è necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità.

        Art. 68. (Espulsione dello straniero e divieto di reingresso nel territorio dello Stato). - 1. La pena dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato con divieto di reingresso è applicata dal giudice nei casi e per la durata espressamente preveduti dalla legge.
        2. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di

 

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religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
        3. Salve le eccezioni previste dalla legge, non è consentita l'espulsione, nei confronti:

            a) degli stranieri minori di anni diciotto, fermo restando il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

            b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno;

            c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado, o con il coniuge, di nazionalità italiana;

            d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono o del loro marito convivente.

        Art. 69. (Affidamento al servizio sociale con prescrizioni). - 1. L'affidamento al servizio sociale comporta le prescrizioni della sottoposizione a controllo e può essere corredato con obbligo di permanenza in luoghi particolari per determinate fasce orarie.
        2. Il soggetto affidato deve inoltre svolgere il programma rieducativo di studio e di lavoro definito dal magistrato di sorveglianza su proposta del centro di servizio sociale entro un mese dall'inizio dell'affidamento.

        Art. 70. (Lavoro di pubblica utilità). - 1. La pena del lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. La pena non può essere inferiore a un mese e superiore a un anno.
        2. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.

        Art. 71. (Sottoposizione a controllo). - 1. La pena della sottoposizione a controllo comporta:

            a) il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute;

            b) l'obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza di questo, presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente;

            c) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

            d) la sospensione della patente di guida;

 

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            e) il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente;

            f) l'obbligo di conservare e di presentare a ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato i provvedimenti relativi alle modalità di esecuzione della sanzione.

Sezione V
LE PENE PRINCIPALI ABLATIVE

        Art. 72. (Confisca. Pena pecuniaria per i reati di competenza del giudice di pace). - 1. La confisca consiste nell'acquisizione allo Stato di parte del patrimonio mobiliare e immobiliare del condannato, fino a un valore pari al risarcimento del danno, cui il condannato è comunque tenuto.
        2. Agli effetti della conversione un giorno di reclusione equivale a euro 50 di pena ablativa.
        3. I beni mobili o immobili oggetto di confisca devono essere venduti all'incanto entro un anno dalla condanna. I proventi confluiscono nel Fondo per le riparazioni alle vittime di reati quando non sono destinati al ripristino dello stato dei luoghi. Agli effetti della legge penale, per ripristino dello stato dei luoghi si intende l'obbligo, a carico e spese del condannato, di assicurare che i luoghi in cui il reato si è realizzato siano ricondotti a uno stato equivalente a quello del tempo in cui è iniziata la condotta illecita.
        4. Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena della reclusione deve essere convertita per intero in pena pecuniaria. Agli effetti della conversione un giorno di reclusione equivale a euro 50 di pena pecuniaria.

Sezione VI
LE PENE ACCESSORIE

        Art. 73. (Pubblicazione della sentenza di condanna). - 1. La pena della pubblicazione della sentenza di condanna consiste nella affissione di un suo estratto nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza e nell'inserzione dello stesso, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice.
        2. La pubblicazione è eseguita d'ufficio e a spese del condannato.
        3. Il giudice, considerato il rilievo del caso per l'opinione pubblica, anche in relazione alla divulgazione di notizie durante il corso del processo, può disporre che la pubblicazione avvenga per intero.

        Art. 74. (Divieto di emettere assegni e divieto di utilizzare carte di credito). - 1. La pena del divieto di emettere assegni priva il

 

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condannato della relativa facoltà per un periodo che non può essere inferiore a un mese né superiore a un anno.
        2. La pena del divieto di utilizzo di carte di credito per acquisto o pagamento di beni o servizi comporta la privazione delle facoltà di adoperare carte di credito per l'acquisto di beni o di servizi e di ricevere i relativi pagamenti tramite le stesse. La pena ha durata non inferiore a un mese nè superiore a un anno.

        Art. 75. (Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). - 1. L'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.
        2. Essa non può avere durata inferiore a un anno e superiore a tre anni.

        Art. 76. (Divieto di determinate attività informatiche). - 1. La pena del divieto di determinate attività informatiche comporta la privazione della facoltà di esercitare la gestione di connettività e di accedere a sistemi informatici o telematici presso enti pubblici o privati ed a reti telematiche o satellitari che comportino uno scambio di informazioni tra il condannato e l'esterno.

        Art. 77. (Confisca obbligatoria). - 1. È sempre ordinata la confisca per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, per le cose che ne sono il prodotto o il profitto, per le cose che costituiscono il prezzo del reato e per le cose per le quali la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione costituiscono reato.
        2. Sono fatti salvi i diritti dei terzi estranei e la loro facoltà di richiedere autorizzazioni amministrative per la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione.

Capo II
L'APPLICAZIONE DELLA PENA

Sezione I
L'INFLIZIONE E LA CONVERSIONE DELLA PENA

        Art. 78. (Applicazione delle pene principali e accessorie). - 1. Le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna.
        2. Le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna.

        Art. 79. (Unità di misura edittale della previsione di pena). - 1. Fuori dai casi in cui la legge prevede la pena dell'ergastolo, la valutazione legale della gravità del reato è espressa dalla quantità della pena della reclusione, usata come unità di misura.

 

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        Art. 80. (Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena). - 1. Il giudice nella sentenza di condanna determina la durata della reclusione e la converte in altra pena, nei limiti e secondo i criteri di ragguaglio previsti dalla legge.
        2. Il giudice valuta la gravità del reato secondo le modalità concrete, oggettive e soggettive, della sua realizzazione colpevole e determina la pena discrezionalmente entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge per il reato. A tale fine il giudice deve sempre tenere conto:

            a) della gravità del danno o del pericolo per l'interesse protetto;

            b) dell'intensità del dolo o del grado della colpa;

            c) dei motivi a delinquere.

        3. Il giudice può determinare la pena in misura inferiore al minimo o in misura superiore al massimo dei limiti previsti dalla legge per il reato, quando deve tenere conto di circostanze aggravanti o attenuanti.
        4. Nei casi previsti dalla legge, il giudice dispone la conversione tenendo conto della personalità del condannato e dell'idoneità alla funzione rieducativa.
        5. Il giudice motiva analiticamente la determinazione della pena.

        Art. 81. (Conversione della reclusione in altra pena detentiva o restrittiva della libertà personale). - 1. Quando la pena della reclusione è applicata in misura non superiore agli anni tre, il giudice può convertire la reclusione in semidetenzione.
        2. Quando la pena della reclusione è applicata in misura non superiore ad anni due, il giudice può convertire la reclusione in detenzione domiciliare.
        3. Quando la pena della reclusione è applicata in misura non superiore a mesi sei, il giudice può convertire la reclusione in permanenza domiciliare.
        4. Nel rispetto dei limiti previsti dai commi 1, 2 e 3, il giudice può procedere alla conversione della reclusione per scaglioni corrispondenti all'applicabilità delle altre pene detentive o restrittive della libertà personale.
        5. Nello stesso modo previsto dal comma 4, il giudice può procedere alla conversione della reclusione relativamente agli ultimi tre anni, costituenti parte di una maggiore pena da scontare.
        6. Il giudice può procedere alla conversione della reclusione non superiore ad anni quattro, anche se costituente parte di maggior pena, quando trattasi di:

            a) donna incinta o madre di prole inferiore ad anni dieci, con lei convivente;

            b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci, con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;

 

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            c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedono costanti contatti con i presìdi sanitari territoriali;

            d) persona di età superiore ad anni sessanta, se inabile anche parzialmente;

            e) persona minore di anni ventuno, per comprovate esigenze di studio, di lavoro o di famiglia.

        Art. 82. (Effetti della conversione. Criteri di ragguaglio). - 1. Per ogni effetto giuridico, la semidetenzione e la detenzione domiciliare si considerano come pene detentive.
        2. Per ogni effetto giuridico, la permanenza domiciliare non si considera come pena detentiva.
        3. Per la determinazione della durata della pena convertita e per ogni altro effetto giuridico, un giorno di reclusione equivale a un giorno di semidetenzione e a due giorni di detenzione domiciliare.
        4. Al solo effetto della determinazione della durata della pena convertita, un giorno di reclusione equivale a tre giorni di permanenza domiciliare.

        Art. 83. (Conversione della reclusione in altra pena interdittiva, prescrittiva o ablativa). - 1. Salve le disposizioni degli articoli da 80 a 82, la legge determina i casi nei quali il giudice può convertire in tutto o in parte la pena della reclusione inflitta in altra pena interdittiva, prescrittiva o ablativa.
        2. Quando per un reato la legge stabilisce la pena della reclusione e un'altra pena interdittiva, prescrittiva o ablativa, ovvero più di esse, il giudice determina la pena come se dovesse applicare soltanto la reclusione e stabilisce quanta parte di essa è convertita in ogni singola pena congiuntamente prevista.
        3. Agli effetti della conversione, l'applicazione di una pena interdittiva perpetua equivale ad anni quattro di reclusione.
        4. Agli effetti della conversione, l'applicazione di una pena interdittiva temporanea equivale alla reclusione di durata pari alla disposta sospensione.
        5. Salva la disciplina dell'affidamento al servizio sociale con prescrizioni, agli effetti della conversione un giorno di reclusione equivale a cinque giorni di pena prescrittiva.
        6. Quando la pena della reclusione è applicata in misura non superiore ad anni tre il giudice, se il condannato non è recidivo, può convertire la reclusione in affidamento al servizio sociale con prescrizioni della medesima durata.
        7. La legge determina i casi nei quali la reclusione inflitta può essere convertita nella pena ablativa della confisca, sia essa finalizzata al conferimento dei proventi al Fondo per la riparazione alle vittime di reati oppure alla copertura delle spese occorrenti per il ripristino dei luoghi.
        8. La conversione della reclusione inflitta in pene interdittive o prescrittive non esclude, nei limiti stabiliti dalla legge, la conversione della parte residua della reclusione in altra pena detentiva o restrittiva della libertà personale.

 

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        Art. 84. (Riconversione delle pene diverse nella pena della reclusione). - 1. L'inosservanza degli obblighi inerenti a ciascuna delle pene applicate in sede di conversione, per fatto addebitabile al condannato, determina la riconversione delle pene convertite nella pena della reclusione, nella quantità originariamente applicata. In tale caso sulla reclusione originariamente irrogata è computata, secondo i criteri di ragguaglio, la parte di pena già scontata in forma diversa.

Sezione II
LE CIRCOSTANZE DEL REATO

        Art. 85. (Tassatività delle circostanze). - 1. Sono circostanze del reato quelle denominate tali dalla legge.
        2. Agli effetti della legge penale, costituisce titolo autonomo di reato la fattispecie per la quale la legge determina edittalmente la pena.

        Art. 86. (Funzione ed effetto delle circostanze del reato). - 1. Le circostanze previste dalla legge aggravano o attenuano il reato. L'applicazione delle circostanze può determinare l'aumento o la diminuzione della pena oltre i limiti edittali, massimo e minimo, stabiliti dalla legge.

        Art. 87. (Circostanze aggravanti). - 1. Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:

            a) la discriminazione e l'odio razziali o religiosi;

            b) la finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale;

            c) la finalità di terrorismo internazionale;

            d) la commissione del fatto contro persone internazionalmente protette;

            e) nei reati a componente violenta, l'aver fatto ricorso all'uso delle armi o l'aver commesso il fatto contro persone disabili;

            f) nei reati contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, l'aver cagionato un danno patrimoniale molto rilevante, anche in considerazione delle condizioni economiche della persona offesa;

            g) la recidiva. Agli effetti della legge penale è recidivo chiunque, dopo aver riportato condanna per uno o più reati, ne commette uno o più altri. La recidiva può essere semplice o aggravata. La recidiva è aggravata quando:

                1) il nuovo reato è commesso dopo più di una condanna;

                2) il nuovo reato è commesso dopo una condanna per più reati in concorso materiale o in continuazione;

 

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                3) il nuovo reato è commesso nei cinque anni dalla condanna precedente ed è della stessa specie del delitto precedentemente commesso;

                4) il nuovo reato è commesso durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena;

                5) il condannato commette più reati in concorso materiale o in continuazione;

            h) ogni altra circostanza aggravante, espressamente prevista come tale dalla legge.

        Art. 88. (Circostanze attenuanti). - 1. Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi, le circostanze seguenti:

            a) la particolare tenuità del fatto. Agli effetti della legge penale il fatto si considera di particolare tenuità quando il danno o il pericolo per l'interesse protetto sono sicuramente esigui;

            b) l'aver commesso il fatto per motivi di particolare valore morale, religioso, sociale, purché non in contrasto con i diritti fondamentali della persona umana, che abbiano condizionato in maniera determinante il comportamento del soggetto;

            c) l'aver commesso il reato in reazione a un fatto ingiusto altrui;

            d) l'aver commesso il fatto con il contributo della vittima;

            e) le riparazioni e ogni attività efficacemente prestata a favore della persona offesa o danneggiata;

            f) ogni altra circostanza attenuante espressamente prevista come tale dalla legge.

        Art. 89. (Applicazione delle circostanze). - 1. Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico della persona alla quale si riferiscono, soltanto se da lei rappresentate ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
        2. Le circostanze che attenuano la pena sono valutate a favore della persona alla quale si riferiscono, anche se da lei ignorate o per errore ritenute inesistenti.
        3. Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti, queste non sono valutate contro di lui. Sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti erroneamente supposte, se l'errore non è determinato da colpa.

        Art. 90. (Errore sulla persona dell'offeso). - 1. Nel caso di errore sulla persona dell'offeso, le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole, non sono poste a carico dell'agente.
        2. Nello stesso caso previsto dal comma 2, le circostanze attenuanti erroneamente supposte, concernenti le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, sono sempre valutate a favore dell'agente.

 

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        Art. 91. (Aumento o diminuzione della pena in applicazione di una sola circostanza). - 1. L'aumento o la diminuzione della pena da applicare per effetto di una sola circostanza deve essere calcolato sulla quantità di pena che il giudice infliggerebbe qualora non concorresse la circostanza.
        2. Se deve essere applicata una sola circostanza attenuante e la pena stabilita dalla legge per il reato è l'ergastolo, si applica la pena di anni venti di reclusione.

        Art. 92. (Calcolo dell'aumento o della diminuzione di pena per la singola circostanza). - 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, per effetto dell'applicazione della singola circostanza, non può essere aumentata o diminuita in misura superiore a un terzo la pena che il giudice infliggerebbe qualora non concorresse alcuna circostanza.
        2. Per la recidiva semplice la pena è aumentata da un sesto a un quarto; per la recidiva aggravata la pena è aumentata da un quarto a un terzo.

        Art. 93. (Concorso di circostanze aggravanti). - 1. Se concorrono più circostanze aggravanti, l'aumento di pena deve essere calcolato sulla quantità di pena che il giudice infliggerebbe qualora non concorresse alcuna circostanza e i singoli aumenti si sommano.
        2. La pena risultante dagli aumenti non può oltrepassare la metà del massimo stabilito dalla legge per il reato. In ogni caso, la pena detentiva non può superare gli anni ventiquattro.

        Art. 94. (Concorso di circostanze attenuanti). - 1. Se concorrono più circostanze attenuanti, la diminuzione di pena deve essere calcolata sulla quantità di pena che il giudice infliggerebbe qualora non concorresse alcuna circostanza e le singole diminuzioni si sommano.
        2. La pena risultante dalle diminuzioni non può essere inferiore alla metà del minimo stabilito dalla legge per il reato.

        Art. 95. (Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti). - 1. Quando concorrono una sola o più circostanze aggravanti con una sola o più circostanze attenuanti, il giudice deve tener conto di ciascuna di esse.
        2. Se per il reato la legge stabilisce l'ergastolo, devono essere applicate per prime le circostanze attenuanti, mentre le circostanze aggravanti devono essere applicate sulla reclusione di anni venti.
        3. Quando la pena edittale è l'ergastolo, la pena risultante dall'applicazione di più circostanze attenuanti non può essere inferiore ad anni dieci.

Sezione III
LA DISCIPLINA DEL CONCORSO DI REATI

        Art. 96. (Concorso materiale di reati). - 1. Quando il giudice deve pronunciare condanna per più reati, commessi dal colpevole in tempi diversi, si applicano le disposizioni del presente articolo.

 

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        2. Quando per uno o più dei reati commessi la legge stabilisce la pena dell'ergastolo, si applica tale pena.
        3. Quando per i reati commessi la legge stabilisce la pena della reclusione di diversa durata, si applica una pena unica, per un tempo uguale alla durata complessiva, ma in ogni caso non superiore al quadruplo della pena più grave.
        4. Quando per alcuno o per tutti i reati la legge stabilisce pene accessorie, il giudice le determina come se, ove non vi fosse il concorso di reati, dovesse infliggerle per ciascuno di essi.

        Art. 97. (Concorso formale di reati. Reato continuato). - 1. Quando più reati sono commessi con una sola azione od omissione, si applica la pena che dovrebbe essere inflitta per il più grave, aumentata fino al triplo.
        2. Alla stessa pena stabilita ai sensi del comma 1 soggiace chi, con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette in un breve arco temporale più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

        Art. 98. (Limiti della pena unica). - 1. Salve le disposizioni più favorevoli, la pena applicata ai sensi dagli articoli 96 e 97 non può superare la durata complessiva della reclusione che si dovrebbe infliggere per i singoli reati e non può eccedere comunque gli anni ventiquattro.
        2. Le pene accessorie temporanee, da applicare ai sensi degli articoli 96 e 97 non possono eccedere, nel complesso, i cinque anni per ciascuna di esse.

Sezione IV
LE CONDIZIONI DI PUNIBILITÀ E LE CAUSE DI NON PUNIBILITÀ

        Art. 99. (Tassatività ed efficacia delle condizioni di punibilità). - 1. La legge determina i casi nei quali la punibilità per il reato commesso è subordinata al verificarsi di una condizione.
        2. Le condizioni di punibilità sono denominate tali dalla legge.
        3. Le condizioni di punibilità operano oggettivamente.

        Art. 100. (Tassatività ed efficacia delle cause di non punibilità). - 1. La legge determina i casi nei quali è esclusa la punibilità per il reato.
        2. Le cause di non punibilità sono denominate tali dalla legge.
        3. Salvi i casi previsti dalla legge, le cause di non punibilità operano oggettivamente nel momento in cui intervengono e hanno effetto soltanto per coloro ai quali si riferiscono.
        4. La causa di non punibilità per un reato che sia presupposto o elemento costitutivo di un altro reato non esclude la punibilità di quest'ultimo.
        5. Le cause di non punibilità non hanno effetto sulle obbligazioni civili derivanti dal reato.

 

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        6. Le cause di non punibilità per il reato non hanno effetto sulla responsabilità amministrativa o disciplinare.
        7. Salvi i casi previsti da speciali disposizioni di legge, sono cause di non punibilità:

            a) la morte dell'imputato avvenuta prima della condanna definitiva;

            b) l'amnistia intervenuta prima della condanna definitiva;

            c) la remissione della querela, salvi i casi di querela irrevocabile;

            d) la prescrizione del reato per decorso del tempo.

        8. L'indagato e l'imputato possono rinunziare all'applicazione dell'amnistia e della prescrizione. La rinunzia è resa con dichiarazione, orale o scritta, all'autorità giudiziaria o ad altra autorità che a quella abbia l'obbligo di riferire.

        Art. 101. (Amnistia). - 1. L'amnistia non si applica ai reati commessi successivamente alla presentazione del relativo disegno di legge di concessione.
        2. La permanenza del reato dopo la presentazione del disegno di legge di concessione esclude l'applicabilità dell'amnistia.
        3. L'amnistia concessa per un reato si applica anche al tentativo del medesimo reato.

        Art. 102. (Remissione della querela. Accettazione). - 1. La remissione della querela può intervenire soltanto prima della condanna.
        2. La remissione della querela è espressa con dichiarazione scritta all'autorità giudiziaria o ad altra autorità che a quella abbia l'obbligo di riferire e con notificazione dell'atto al querelato.
        3. Il diritto di rimessione è esercitato dal legale rappresentante per i minori degli anni quattordici, per gli interdetti a cagione dell'infermità di mente, per le persone giuridiche e per gli enti privi di personalità giuridica.
        4. Se il diritto di rimessione è esercitato dal minore degli anni diciotto o dall'inabilitato e il legale rappresentante è di contrario avviso, oppure se il diritto di rimessione è esercitato dal legale rappresentante e il minore degli anni diciotto o l'inabilitato sono di contrario avviso, il giudice nomina il curatore speciale per la remissione, nelle stesse forme in cui è nominato il curatore speciale per la querela.
        5. Se più sono le persone offese dal reato, la remissione della querela da parte di una non pregiudica il diritto delle altre di querelarsi o di insistere nella querela presentata.
        6. La morte della persona offesa estingue il diritto di rimessione; nondimeno, esso può essere esercitato dagli eredi, se tutti vi consentono.
        7. Salva la facoltà di accettazione, la remissione della querela si estende a tutti i concorrenti anche se è effettuata nei confronti di uno solo di essi.

 

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        8. La remissione non produce effetto se il querelato non l'accetta. La remissione si considera accettata se nel termine di quindici giorni dalla notificazione il querelato non dichiara espressamente di rifiutarla.
        9. All'accettazione della remissione nel caso di incapaci o di enti, anche privi di personalità giuridica, si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4.

        Art. 103. (Prescrizione del reato. Decorrenza e sospensione dei termini. Interruzione della prescrizione). - 1. Il reato non è punibile se dal momento della commissione è decorso un tempo pari al massimo della reclusione edittalmente prevista aumentato della metà e comunque non inferiore ad anni cinque nè superiore ad anni venti.
        2. I reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo non sono prescrittibili.
        3. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione, per il reato tentato, dal giorno in cui è compiuta l'ultima frazione di condotta, per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza.
        4. Nei casi in cui il processo è sospeso, la prescrizione non decorre dal momento della sospensione fino alla cessazione della causa di sospensione. Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione avviene nel giorno della richiesta e cessa nel giorno dell'accoglimento.
        5. Il corso della prescrizione è interrotto:

            a) dalla querela, richiesta o istanza;

            b) dalla sentenza o dal decreto di condanna;

            c) dall'ordinanza che applica una misura cautelare personale;

            d) dall'ordinanza che convalida l'arresto o il fermo;

            e) dall'invito a presentarsi al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria per rendere l'interrogatorio;

            f) dall'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari;

            g) dall'interrogatorio reso davanti alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero o al giudice;

            h) dalla richiesta di rinvio a giudizio;

            i) dal decreto di citazione diretta a giudizio;

            l) dal decreto di fissazione dell'udienza preliminare;

            m) dal decreto che dispone il giudizio;

            n) dall'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;

            o) dal decreto di fissazione dell'udienza per decidere sulla richiesta di applicazione della pena;

            g) dalla presentazione o dalla citazione dell'imputato per il giudizio direttissimo.

 

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        6. La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione, ma i termini stabiliti dal comma 1 non possono essere prolungati complessivamente oltre la metà.

Sezione V
LE CAUSE DI ESTINZIONE DELLA PENA

        Art. 104. (Tassatività ed efficacia delle cause di estinzione). - 1. Le cause di estinzione della pena sono previste come tali dalla legge.
        2. Le cause di estinzione della pena operano nel momento in cui intervengono.
        3. Le cause di estinzione della pena hanno effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce.
        4. Le cause di estinzione della pena non hanno effetto sulle obbligazioni civili derivanti dal reato né sulla responsabilità amministrativa o disciplinare.
        5. Salvi i casi previsti da speciali disposizioni di legge, sono cause di estinzione della pena:

            a) la morte del condannato;

            b) la prescrizione per decorso del tempo della pena non eseguita;

            c) l'amnistia intervenuta dopo la condanna;

            d) l'indulto;

            e) la grazia;

            f) il perdono giudiziale;

            g) la sospensione condizionale della pena;

            h) la non menzione della condanna;

            i) la liberazione condizionale;

            l) la riabilitazione.

        Art. 105. (Prescrizione della pena). - 1. La pena non eseguita si estingue con il decorso di un tempo pari al doppio della reclusione inflitta, anche se convertita, in tutto o in parte, in altra pena.
        2. In ogni caso, il tempo utile a prescrivere non può essere inferiore ad anni cinque e superiore ad anni venti.
        3. Il decorso del tempo necessario a prescrivere ha inizio nel giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente all'esecuzione già iniziata della pena.
        4. Nel caso di pena unica inflitta per più reati in concorso, si ha riguardo alla pena inflitta per ciascuno di essi.
        5. La prescrizione della pena opera di diritto.

 

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        Art. 106. (Amnistia). - 1. L'amnistia intervenuta dopo la condanna estingue la pena.
        2. L'amnistia intervenuta dopo la condanna non è rinunciabile.

        Art. 107. (Indulto). - 1. L'indulto estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta, ma non gli effetti penali della condanna.
        2. Nel concorso di reati, l'indulto si applica una sola volta sulla pena complessiva irrogata secondo la disciplina del concorso di reati.

        Art. 108. (Grazia). - 1. La grazia estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta o la commuta in una pena meno grave. Restano fermi gli effetti penali della condanna.

        Art. 109. (Perdono giudiziale). - 1. Salve le previsioni speciali nei confronti dei minori, quando il giudice ritiene che il fatto sia di speciale tenuità, perché il danno o il pericolo per l'interesse protetto è sicuramente esiguo e minimo è il grado di colpevolezza manifestato, in luogo della condanna può concedere il perdono giudiziale, su richiesta dell'imputato, sempre che:

            a) la pena detentiva da infliggere non sia superiore a sei mesi;

            b) il soggetto da perdonare non sia recidivo, salvo che sia intervenuta la riabilitazione;

            c) sussistano ragionevoli motivi per presumere che il soggetto perdonato si asterrà dal commettere ulteriori reati;

            d) non vi sia opposizione da parte della persona offesa.

        2. Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.
        3. Il perdono giudiziale estingue la pena.
        4. Il perdono giudiziale non può essere revocato.

        Art. 110. (Sospensione condizionale della pena). - 1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione per un tempo non superiore ad anni due, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di anni cinque.
        2. Se il reato è stato commesso da persona di età inferiore agli anni ventuno o che ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando la pena della reclusione non è superiore a due anni e sei mesi.
        3. Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando la pena della reclusione non è superiore ad anni tre.

        Art. 111. (Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena). - 1. La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, in ragione dell'occasionalità del fatto e dell'assenza di precedenti condanne, il giudice presume che il condannato si asterrà dal commettere ulteriori reati.

 

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        2. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta.
        3. La sospensione condizionale della pena può essere concessa se per la precedente condanna è intervenuta la riabilitazione.

        Art. 112. (0bblighi del condannato). - 1. La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso, alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
        2. Il giudice, nella sentenza di condanna, stabilisce il termine entro il quale gli obblighi previsti ai sensi del comma 1 devono essere adempiuti.

        Art. 113. (Effetti della sospensione). - 1. La sospensione condizionale della pena non si applica alle pene interdittive, prescrittive ed ablative inflitte per effetto della conversione.
        2. La sospensione condizionale non si estende alla confisca ordinata ai sensi dell'articolo 72.
        3. La sospensione condizionale non si estende alle pene accessorie.

        Art. 114. (Estinzione della pena). - 1. Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un altro reato e adempie agli obblighi impostigli, la pena è estinta.

        Art. 115. (Revoca della sospensione). - 1. La sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato commetta un nuovo reato o non adempia agli obblighi impostigli.
        2. Qualora il condannato riporti, nei termini stabiliti, un'altra condanna per un reato anteriormente commesso, il giudice, tenuto conto della specie e della gravità del reato, può revocare la sospensione condizionale della pena.

        Art. 116. (Liberazione condizionale). - 1. Il condannato all'ergastolo o alla reclusione che, con la buona condotta carceraria e con la partecipazione al trattamento rieducativo, abbia dato sicura prova di ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale. La liberazione condizionale può essere concessa anche in ragione delle condizioni di salute o di pressanti esigenze personali o familiari del condannato.
        2. Il condannato è ammesso alla liberazione condizionale se ha scontato almeno metà della pena inflittagli, qualora la pena residua non superi gli anni quattro. Il condannato all'ergastolo è ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno anni venti di pena.
        3. La liberazione condizionale è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e all'adempimento degli

 

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obblighi civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di essersi trovato e di trovarsi senza sua colpa nell'impossibilità di adempiere.
        4. Nel provvedimento di concessione il giudice stabilisce le pene prescrittive cui il liberato condizionalmente sarà sottoposto per tutto il residuo tempo della pena inflitta oppure per cinque anni dalla data del provvedimento nel caso di condannato all'ergastolo.

        Art. 117. (Revoca della liberazione condizionale). - 1. La liberazione condizionale è revocata se il condannato commette un nuovo reato doloso o trasgredisce gli obblighi inerenti alla pena prescrittiva, impostigli con il provvedimento di ammissione.
        2. L'ammissione alla liberazione condizionale può essere revocata nel caso di un nuovo mutamento delle condizioni di salute del condannato o della sua situazione personale o familiare, rilevante per la concessione del beneficio.
        3. In caso di revoca, il tribunale di sorveglianza determina la pena detentiva residua da espiare. A tale fine cinque giorni trascorsi in regime di liberazione condizionale si considerano come un giorno di pena detentiva.
        4. Il condannato all'ergastolo al quale sia stata revocata la liberazione condizionale può essere nuovamente ammesso al beneficio se ne ricorrono i presupposti.

        Art. 118. (Estinzione della pena). - 1. La pena inflitta al condannato ammesso alla liberazione condizionale si estingue con il decorso, dalla data del provvedimento di ammissione, di un tempo pari alla pena residua che egli avrebbe dovuto scontare, senza che intervengano cause di revoca. Per il condannato all'ergastolo devono comunque decorrere cinque anni.

        Art. 119. (Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale). - 1. Se, con una prima condanna, è inflitta la pena della reclusione non superiore ad anni due, il giudice, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 80, può ordinare nella sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati non per ragioni di diritto elettorale, sempre che vi sia motivo di ritenere che il condannato si asterrà in futuro dal commettere nuovi reati.
        2. Se il condannato commette successivamente un reato, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente ai sensi del comma 1 è revocato.

        Art. 120. (Riabilitazione). - 1. La riabilitazione estingue le pene accessorie e gli effetti penali della condanna.
        2. La riabilitazione è concessa quando siano decorsi cinque anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o sia altrimenti estinta.
        3. La riabilitazione non può essere concessa se il condannato non ha adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato e non ha

 

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eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, salvo che dimostri di trovarsi, senza sua colpa, nell'impossibilità di adempiere.
        4. La riabilitazione è revocata in caso di condanna per un reato doloso commesso anteriormente, ovvero entro cinque anni dal provvedimento di riabilitazione. A tutti gli effetti penali, a seguito della revoca la riabilitazione si considera come non concessa.
        5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di sentenze straniere di condanna, riconosciute ai sensi dell'articolo 5.

TITOLO VII
LE MISURE DI CONTROLLO, CURA E SOSTEGNO RIEDUCATIVI

        Art. 121. (Tassatività delle misure). - 1. Le misure di controllo e di cura per i non imputabili sono:

            a) il ricovero in una struttura giudiziaria di custodia con finalità terapeutiche o di disintossicazione;

            b) l'obbligo di sottoporsi a un trattamento di cura presso strutture sanitarie non giudiziarie sotto il controllo del servizio sociale;

            c) le altre misure denominate tali dalla legge.

        2. La durata della misura di controllo e di cura non può essere inferiore ad anni uno né superiore ad anni dieci.

        Art. 122. (Applicazione delle misure. Pericolosità sociale). - 1. Le misure di controllo e di cura sono applicate al non imputabile se persiste lo stato di pericolosità sociale, determinato dall'incapacità di intendere e di volere, che lo ha portato a commettere il fatto previsto dalla legge come reato.
        2. Agli effetti della legge penale, è socialmente pericoloso l'incapace di intendere e di volere che abbia commesso un fatto previsto come reato contro la vita o contro l'incolumità, individuale o pubblica, o comunque caratterizzato da violenza nei confronti delle persone, sempre che vi siano ragioni per presumere che la sua infermità, qualora persista, lo indurrà a commettere altri fatti della stessa specie indicata.
        3. Le misure di controllo e di cura sono applicate dal giudice con la sentenza di proscioglimento per difetto di imputabilità. Il giudice determina la modalità e la durata minima della misura.
        4. Le misure di controllo e di cura sono eseguite mediante internamento nelle strutture giudiziarie solo quando il trattamento presso strutture sanitarie non giudiziarie non sarebbe altrettanto efficace oppure sarebbe incompatibile con le esigenze di controllo.

        Art. 123. (Esecuzione delle misure). - 1. Il magistrato di sorveglianza determina le condizioni di esecuzione delle misure di

 

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controllo e di cura tenendo conto delle indicazioni pervenute dai servizi competenti.
        2. Alla scadenza del termine stabilito dalla sentenza, il magistrato di sorveglianza verifica se persiste la necessità delle misure e, in caso contrario, ne dispone la cessazione. Il magistrato di sorveglianza può modificare la specie o le modalità di esecuzione delle misure; in caso di prosecuzione, indica un nuovo termine per il riesame, entro i limiti stabiliti dal comma 2 dell'articolo 121.
        3. Il magistrato di sorveglianza può verificare, anche prima della scadenza del nuovo termine, la persistente necessità delle misure e, in caso negativo, ne anticipa la cessazione.
        4. La durata massima di anni dieci prevista dal comma 2 dell'articolo 121 può essere superata se è ancora costante il pericolo che il non imputabile commetta fatti previsti come reati contro la vita o l'incolumità, individuale o pubblica, o comunque caratterizzati da violenza nei confronti delle persone.

        Art. 124. (Misure per i minori). - 1. Ai minori di età può essere applicata, con la sentenza di proscioglimento, la misura della libertà assistita o la misura dell'affidamento al servizio sociale, con o senza collocamento in comunità.
        2. La misura della libertà assistita è applicata al minore che abbia commesso un fatto previsto come reato doloso e consiste nel sottoporlo alla sorveglianza di un operatore dei servizi minorili, in modo da assicurare l'adempimento del programma rieducativo disposto dal giudice.
        3. L'affidamento al servizio sociale può essere disposto se il minore ha commesso un fatto previsto come reato doloso per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, ad anni tre.
        4. Il collocamento in una comunità chiusa può essere disposto nei confronti del minore che abbia commesso un reato doloso, consumato o tentato, contro la vita o contro l'incolumità, individuale o pubblica, o comunque con violenza o minaccia contro la persona, ovvero un reato di criminalità organizzata.

        Art. 125. (Libertà assistita). - 1. Con la misura della libertà assistita il minore è affidato alla famiglia, sotto la sorveglianza di un operatore dei servizi minorili.
        2. Il programma di rieducazione in libertà assistita può comportare, oltre al controllo sul minore, anche restrizioni della sua facoltà di accedere a determinati luoghi o di frequentare determinate persone.
        3. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel programma di rieducazione, o di incompatibilità tra la rieducazione del minore e la prosecuzione della convivenza familiare, il giudice può modificare le prescrizioni oppure disporre che il minore sia collocato in una comunità.
        4. Salvo il caso di conversione in altra misura, la durata della libertà assistita non può superare gli anni due.

 

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        Art. 126. (Affidamento al servizio sociale). - 1. L'affidamento del minore al servizio sociale avviene presso i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia o i servizi socio-sanitari degli enti locali.
        2. L'affidamento al servizio sociale è seguito sulla base di un programma proposto dall'ente presso il quale deve essere eseguito e approvato dal magistrato di sorveglianza, nel quale sono stabilite:

            a) le modalità di coinvolgimento del minore e del suo nucleo familiare, tenuto conto del suo ambiente di vita;

            b) le modalità di partecipazione degli enti e degli operatori cui il minore sia affidato.

        3. Nel programma previsto dal comma 2 sono altresì stabilite le prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e le iniziative dirette a promuovere la conciliazione con la persona offesa.
        4. Nel programma può essere previsto l'obbligo per il minore di permanenza in casa per un periodo determinato, che può essere ridotto ovvero prorogato in relazione agli sviluppi del trattamento.
        5. Qualora il minore non adempia agli obblighi previsti nel programma di trattamento, è disposto il collocamento in comunità.
        6. La durata dell'affidamento al servizio sociale non può superare gli anni quattro.
        7. La durata del collocamento in comunità non può superare gli anni tre.

TITOLO VIII
LE OBBLIGAZIONI CIVILI DA REATO

        Art. 127. (Restituzioni. Risarcimento del danno). - 1. Ogni reato obbliga alle restituzioni e al risarcimento del danno diretto, anche non patrimoniale, intrinseco al fatto costitutivo.

        Art. 128. (Riparazione). - 1. Salve le altre forme di riparazione, ogni reato obbliga a sostenere le spese occorrenti per la pubblicazione della sentenza di condanna, quando il giudice la ritenga necessaria per riparare il danno non patrimoniale causato dal reato.

        Art. 129. (Indivisibilità e solidarietà nelle obbligazioni civili da reato). - 1. L'obbligo alle restituzioni e alla pubblicazione della sentenza penale di condanna è indivisibile. I condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
        2. Il reato obbliga in solido alle restituzioni e al risarcimento del danno anche il responsabile civile.

        Art. 130. (Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo di rimborso). - 1. Il condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e

 

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risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, ai sensi della legislazione vigente in materia civile.
        2. L'obbligazione di cui al comma 1 non si estende alla persona del civilmente responsabile e non si trasmette agli eredi del condannato.

        Art. 131. (Atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato). - 1. Gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell'articolo 316 del codice di procedura penale.

        Art. 132. (Atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato). - 1. Gli atti a titolo oneroso, eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio, i quali siano compiuti dal colpevole dopo il reato, si presumono fatti in frode rispetto ai crediti indicati nell'articolo 316 del codice di procedura penale; nondimeno, per la revoca dell'atto è necessaria la prova della mala fede dell'altro contraente.

        Art. 133. (Atti a titolo oneroso o gratuito compiuti dal colpevole prima del reato). - 1. Gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole prima del reato non sono efficaci rispetto ai crediti indicati nell'articolo 316 del codice di procedura penale, qualora si provi che furono da lui compiuti in frode.
        2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche agli atti a titolo oneroso eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio; nondimeno, per la revoca dell'atto a titolo oneroso è necessaria la prova della mala fede dell'altro contraente.
        3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti anteriori di un anno al commesso reato.

        Art. 134. (Eliminazione delle conseguenze del reato). - 1. Il giudice, con la sentenza di condanna, dispone, ove possibile, l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non riparabili mediante restituzioni o risarcimento.

TITOLO IX
DISPOSIZIONI FINALI

        Art. 135. (Definizioni agli effetti della legge penale). - 1. Per territorio dello Stato si intende il territorio della Repubblica italiana e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati territorio dello Stato ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.
        2. Quando la legge collega alla qualifica del soggetto attivo la titolarità di particolari doveri o poteri giuridici, essa indica la persona cui sono attribuiti al momento del fatto, anche se sprovvista di regolare investitura, salvo diversa disposizione espressa.
        3. È permanente il reato nel quale l'attualità dell'offesa perdura come effetto della protrazione nel tempo della condotta esecutiva.

 

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        4. Sono prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti; nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole.
        5. Per corrispondenza si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.
        6. Per cosa mobile si intende anche ogni forma di energia che abbia valore economico, nonché i dati o le informazioni incorporati in un sistema informatico.
        7. Violenza sulle cose si ha quando la cosa viene danneggiata o trasformata o ne è mutata la destinazione.
        8. Pubblici agenti sono i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, secondo le seguenti definizioni:

            a) pubblici ufficiali sono coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. In particolare:

                1) per pubblico ufficio legislativo si intende l'attività svolta dai rappresentanti degli elettori nella Camera dei deputati, nel Senato della Repubblica e nelle assemblee elettive delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

                2) per pubblico ufficio giudiziario, si intende l'attività svolta nell'ambito di un procedimento giudiziario dai giudici e dai pubblici ministeri, dai periti, dai consulenti del pubblico ministero, dagli interpreti e dai loro ausiliari;

                3) per pubblico ufficio amministrativo, si intende l'attività caratterizzata dalla formazione o dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi e compiuta dagli uffici della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, del Governo dello Stato e delle regioni, delle province, dei comuni nonché, qualunque sia la normativa che la regola, dagli uffici degli enti nei quali lo Stato, le regioni, le province e i comuni partecipano in posizione dominante o di controllo ovvero che sono da essi sovvenzionati in misura determinante per il loro esercizio, e dai concessionari di un servizio pubblico;

            b) incaricati di un pubblico servizio sono coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio si intende un'attività disciplinata nelle stesse forme del pubblico ufficio, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultimo, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

        9. Sono altresì considerati pubblici agenti, qualora svolgano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali o rispettivamente degli incaricati di pubblico servizio:

            a) i membri dei seguenti organi dell'Unione europea: Commissione, Parlamento, Corte di giustizia delle Comunità europee e Corte dei conti;

 

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            b) i funzionari e gli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari dell'Unione europea o del regime applicabile agli agenti dell'Unione europea;

            c) le persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso l'Unione europea, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti dell'Unione europea;

            d) i membri e gli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo dell'Unione europea, e successive modificazioni;

            e) coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali o rispettivamente degli incaricati di pubblico servizio.